In realtà la domanda è molto più articolata. Più correttamente ci dovremmo chiedere qual è l’intervallo di forza necessita per far uscire il canino senza avere effetti sugli altri denti i quali devono sostenere la forza uguale e contraria che si genera?
Quando comprimo il filo .014 o .016 NiTi Classic, riducendo la lunghezza della legatura, si creerà una forza che avrà:
- il punto di applicazione sul canino stesso
- la direzione ben rappresentata dalla legatura
- l’intensità “proporzionale” alla compressione del filo
In realtà intervengono tantissime altre variabili.
Il primo principio della dinamica (o principio di inerzia di Newton) stabilisce che un corpo non soggetto a forze permane nel suo stato.
In realtà dobbiamo fare i conti con la somma dei vari attriti che si oppongono all’avanzamento del canino.
Vi elenco almeno i tre più importanti:
- Il primo fra tutti è l’osso attorno al canino; gli osteoblasti e gli osteoclasti devono permettere il movimento.
- La resistenza che trova la catenella di metallo perché può essersi ingabbiata in qualche esito cicatriziale
- L’attrito dell’arco .016 nel ritornare nella posizione neutra
Si può affermare che la somma degli attriti è una forza contraria al movimento del canino.
Fino a pochi anni fa era comune pensare che se si fosse usata una forza maggiore nel “tirare” il canino si sarebbero compensati gli attriti.
Oggi questo modo di lavorare è totalmente superato. La letteratura e la clinica hanno oramai ben chiaro con quanta forza bisogna “tirare” il canino per avere il massimo della velocità ed evitare la ialinizzazione del legamento parodontale del dente. Intuitivamente si era convinti che maggiore fosse la forza, maggiore era il movimento. Nulla di più sbagliato.
La massima velocità di movimento si ha con forze leggerissime che permettono una buona irrorazione sanguigna del parodonto.
Se usiamo forze leggere bisogna ridurre al minimo le variabili che interferiscono. Quindi da anni ho sostituito la catenella di metallo con una semplice legatura che scorre dal canino fino all’arco .016 senza alcuna interferenza.
L’arco in NiTi, compresso verso il canino, deve rilasciare una forza continua, leggera e costante.
Per questo motivo uso attacchi autoleganti senza legature di gomma così il filo .016 inches si trova comodo nello slot .022 x .028 inches proprio per non avere alcun attrito.
Quando la legatura non è collegata è il momento ideale valutare la somma degli attriti dei brackets.
Se il filo ritorna senza difficoltà alla sua posizione vuol dire che il filo scorre negli attacchi senza alcun impedimento. La forza di ritorno elastico dell’arco non è quindi ostacolata dall’attrito del filo con i vari slot che lo contengono.
Ci sono ameno altri tre vantaggi fondamentali nell’usare forze leggere:
- Il paziente non avrà mai dolore
- Per il terzo principio della dinamica ad ogni forza che creiamo se ne forma una uguale e contraria. La forza contraria che si genera è particolarmente insidiosa: i denti 22, 24, 25 e 26 vengono chiamati a sostenere la trazione del canino. La trazione DEVE avvenire con una forza leggera così la forza uguale e contraria che si genera (divisa tra 22-24-25-26) sarà così delicata da non generare effetti clinici.
Questa dental pill vuole mostrare che c’è un intervallo di forza nel quale il canino si muove ma che i denti che faranno da ancoraggio non avranno effetti clinici perché la forza sostenuta e scomposta tra 22, 24, 25 e 26 sarà troppo bassa da indurre movimento dentale.
A svolgere un ruolo fondamentale è l’occlusione che mantiene la forma d’arcata che fa da ancoraggio alla trazione del 23.
Il filo è compresso per 1-2 mm proprio per evitare il fenomeni di Binding e Nocting (spiegati in un’altra dental pill).
Buon lavoro
Pier Francesco Amoroso